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Il ruolo del cloud per una trasformazione digitale sostenibile

Capgemini
20 Apr 2023

Oggi la tecnologia digitale è responsabile dal 3% al 4% delle emissioni globali di gas serra (GHG – Green House Gases).

L’impatto della tecnologia digitale sull’ambiente

La tecnologia digitale ha un impatto materiale sull’ambiente che purtroppo viene spesso dimenticato a causa dei suoi usi inadeguati. Se non si interviene tempestivamente, si stima che le emissioni di gas legate all’industria digitale continueranno ad aumentare in modo significativo, crescendo di oltre il 60% entro il 2040 rispetto al totale delle emissioni.

Oltre al carbon footprint, la tecnologia digitale ha un impatto su altre risorse come i minerali e l’acqua. È un problema per le risorse non viventi e fonte di inquinamento a causa dei rifiuti che produce. Per parlare realmente di tecnologia digitale e sostenibilità bisogna tener conto di tutti questi impatti e non solo delle emissioni di gas serra.

Come il cloud può limitare l’impatto ambientale della tecnologia digitale

Dal 2010 il traffico internet è aumentato di dodici volte, a fronte di un consumo energetico dei data center pari al 6%. Questo è in parte dovuto al crescente utilizzo di data center esterni da parte delle aziende per sostituire i propri data center interni, in particolare quelli gestiti da hyperscaler e operatori cloud. Questi data center hanno, nel complesso, un migliore PUE, o Power Usage Effectiveness, che misura l’efficienza energetica di un data center. I fornitori di servizi cloud, con il loro modello a basso costo, sono molto più efficaci in questo senso rispetto agli approcci tradizionali adottati dalle aziende per i propri data center.

Quando le aziende decidono di attuare una strategia cloud, devono considerare il concetto di responsabilità digitale e dunque calcolare la riduzione delle emissioni di carbonio causate dalla “cloudification” relativa ai server e al loro utilizzo e, più in generale, l’impatto ambientale che ne deriva. Per farlo, occorre analizzare la situazione esistente e confrontarla con le proposte dei fornitori di cloud. Questo approccio fa parte di un processo di trasparenza sulle pratiche degli operatori di public cloud, sull’ubicazione dei loro data center e sui dati ospitati.

Conoscere l’ubicazione del data center in cui verranno erogati i servizi cloud scelti è un’informazione molto importante, considerando che le fonti energetiche hanno impatti differenti in ciascun Paese. Ad esempio, un data center situato in Francia, grazie all’utilizzo di energia nucleare, avrà un impatto ambientale minore rispetto a un data center situato in Germania o in Polonia.


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I prerequisiti per la sostenibilità digitale nel cloud

Il cloud contribuisce a limitare l’impatto ambientale delle aziende che lo utilizzano. Tuttavia, ci sono alcuni prerequisiti per sfruttarne al meglio i vantaggi.

Il primo punto di forza dei fornitori di cloud risiede nei processi che hanno attuato per controllare e automatizzare l’uso delle risorse. Le loro infrastrutture sono virtualizzate e la gestione dei server e delle risorse di storage e archiviazione dei dati è completamente automatizzata.

Il secondo punto di forza è il controllo dell’obsolescenza tecnologica delle infrastrutture. I server di nuova generazione sono più efficienti dal punto di vista energetico. Gli operatori cloud monitorano e ottimizzano l’hardware, sostitendo completamente l’unità di calcolo o attraverso refresh tecnologici mirati di alcuni componenti dei server in uso. Il loro obiettivo è quello di sostituire i server al momento opportuno, anche se tendono a dare poca visibilità della gestione del ciclo di vita dei loro server.

Il terzo punto di forza è la localizzazione geografica dei loro servizi. Tutti i principali operatori cloud hanno una presenza internazionale e i loro data center sono solitamente situati nelle capitali. Le aziende fuori città o in zone rurali sono lontane dai data center dei fornitori, pertanto sarebbe meglio elaborare i dati vicino per risparmiare energia.

Infine, il quarto punto di forza è rappresentato dai data center stessi. Gli operatori del cloud sono all’avanguardia per quel che concerne l’urbanizzazione dei data center. Essi, infatti, adottano dei sistemi di raffreddamento per garantire il minor consumo energetico possibile e utilizzano energia a basse emissioni di anidride carbonica, conducendo progetti sostenibili in prossimità dei loro data center.

Hanno ridotto i costi energetici globali associati ai loro edifici e stanno investendo molto in ricerca e sviluppo per accelerare la riduzione del consumo energetico nei data center. Non esiste azienda non specializzata nella gestione di data center che sia in grado di eguagliare il livello di investimenti condotti dagli operatori di public cloud.

Per ridurre l’impatto ambientale con il cloud, è importante rispettare alcuni principi e assicurarsi che le promesse siano mantenute:

  • Definire chiaramente l’impegno contrattuale in questo ambito. Capgemini ha sviluppato una survey per gli operatori cloud, in modo che le aziende che utilizzano i loro servizi possano incorporare le risposte fornite nel contratto e impegnarsi a rispettarle. Le domande riguardano la manutenzione dei server, la gestione del ciclo di vita, il raffreddamento dei data center e la loro ubicazione. Possono anche includere KPI relativi al consumo energetico a livello infrastrutturale e al tipo di informazioni fornite.
  • Comprendere come è organizzata l’architettura decentralizzata sia in termini di potenza di calcolo che dello storage, per avere un hosting multi-zona e favorire la localizzazione dei dati nelle vicinanze.
  • Valutare le configurazioni del parco applicativo prima e dopo la migrazione, in particolare sul lato server.

Tutto questo deve essere necessariamente accompagnato da una trasformazione dei processi soprattutto per evitare il consumo eccessivo di risorse. In questo senso, l’approccio FinOps può essere estremamente utile non solo in termini di impatto finanziario e di controllo finanziario dei servizi cloud, ma anche in termini di impatto ambientale e di sostenibilità. La sfida attuale è quindi quella di includere nel cruscotto FinOps anche l’impatto delle emissioni di carbonio dei propri server, e non solo dei servizi cloud.

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