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Le aziende dell’industria pesante intendono avvalersi dell’idrogeno a basse emissioni di carbonio per raggiungere i loro obiettivi di sostenibilità

07 apr 2023

Entro il 2030, il 64% delle organizzazioni del settore Energy and Utilities ha in programma di investire nell’idrogeno a basse emissioni di carbonio

Milano, 7 aprile 2023 – L’idrogeno a basse emissioni di carbonio[1] sta emergendo come una delle strade più promettenti per accelerare la decarbonizzazione di settori ad alta emissione carbonica, nonché come un fattore determinante per ottenere un futuro più green. È quanto emerge da un nuovo report del Capgemini Research Institute, dal titolo “Low-Carbon Hydrogen – A Path to a Greener Future, che rivela come il 62% delle aziende dell’industria pesante appartenenti a vari settori[2] stia prendendo in considerazione la possibilità di introdurre l’idrogeno a basse emissioni di carbonio in sostituzione di sistemi dall’elevata carbon intensity. In media, le aziende del settore Energy and Utilities (E&U) stimano che l’idrogeno a basse emissioni di carbonio possa soddisfare il 18% del consumo totale di energia entro il 2050, e stanno inoltre allocando risorse lungo tutta la catena del valore dell’idrogeno, in particolare nello sviluppo di infrastrutture dedicate e in elettrolizzatori e celle a combustibile più vantaggiose.

Il report evidenzia che la maggior parte delle organizzazioni ritiene che l’idrogeno a basse emissioni di carbonio contribuirà al raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni e di sostenibilità a lungo termine. Il 63% delle organizzazioni del settore E&U reputa l’idrogeno a basse emissioni di carbonio fondamentale per la decarbonizzazione delle economie, mentre il 62% ritiene che possa aiutare i governi a ridurre la dipendenza dai combustibili fossili e a favorire l’indipendenza energetica. Secondo le aziende intervistate, l’idrogeno a basse emissioni di carbonio potrebbe coprire fino al 55% del mix di idrogeno entro il 2050.

In media, le organizzazioni del comparto destineranno lo 0,4% dei ricavi annuali totali all’idrogeno a basse emissioni di carbonio entro il 2030, in particolare per il trasporto e la distribuzione dell’energia derivante dall’idrogeno (53%), per la produzione (52%) e per le attività di ricerca e sviluppo (45%).

Gerardo Ciccone, CPRD & EU Director di Capgemini in Italia, ha affermato:“L’idrogeno a basse emissioni è un elemento indispensabile nel mix energetico green, che ci permette di proseguire il percorso di decarbonizzazione nei settori ad alte emissioni e a bassa elettrificazione, come il comparto industriale e quello dei trasporti, contribuendo così a combattere il riscaldamento globale. Per portare su scala le iniziative attuali saranno necessari investimenti significativi in termini di ricerca e sviluppo, collaborazione lungo tutta la catena del valore, chiare strategie di partnership e valutazioni accurate dei business case. Le organizzazioni devono instaurare un’adeguata collaborazione lungo tutta la filiera produttiva, assicurarsi la fornitura, sviluppare competenze sull’idrogeno e far leva sulle tecnologie digitali disponibili, con l’obiettivo di rendere efficienti e scalabili le iniziative sull’idrogeno a basse emissioni di carbonio. Anche se non sarà facile, abbiamo l’opportunità di dar vita a un futuro ‘decarbonizzato’.”

Domanda e investimenti nell’idrogeno a basse emissioni sono in crescita in tutti i settori

Negli ultimi tre anni la domanda di idrogeno è aumentata di oltre il 10% in tutti i settori e le aree geografiche. Si stima che questa domanda continuerà a crescere, soprattutto nelle applicazioni tradizionali dell’idrogeno, come quelle della raffinazione del petrolio, dei prodotti chimici e dei fertilizzanti: il 94% delle organizzazioni operanti nel settore della raffinazione petrolifera prevede infatti un impatto significativo per la propria industry entro il 2030, così come l’83% delle aziende del settore chimico e dei fertilizzanti.

Nuove applicazioni nell’ambito dei mezzi di trasporto pesanti, dell’aviazione e del trasporto marittimo incrementeranno inoltre la domanda di idrogeno. Anche se lo sviluppo di queste applicazioni potrebbe richiedere più tempo, il report ha evidenziato che le organizzazioni hanno una visione ottimistica sul loro potenziale e stanno esplorando modelli di business innovativi e strategie di riduzione dei costi per contribuire alla loro scalabilità. Tuttavia, il vero potenziale è racchiuso nei settori in cui l’elettrificazione è una scelta obbligata e i casi d’uso possono essere sviluppati nel breve periodo grazie a volumi localizzati. Ad esempio, quasi tre quarti (71%) delle organizzazioni del comparto E&U ritengono che l’idrogeno a basse emissioni sia una soluzione praticabile per l’accumulo di energia da fonti rinnovabili intermittenti, in quanto può funzionare come una batteria e contribuire a rendere l’energia rinnovabile, proveniente ad esempio da fonti eoliche o solari, disponibile per un numero sempre maggiore di applicazioni.

Le sfide legate alla produzione, all’ingegneria e alle infrastrutture persistono

Nonostante la domanda di idrogeno a basse emissioni di carbonio stia registrando un aumento in tutti i settori, le sfide legate alla produzione di idrogeno sono ben note e i metodi attuali non sono efficaci né dal punto di vista dei costi né dell’impatto ambientale. L’entità degli investimenti necessari e la conseguente esigenza di far aumentare contemporaneamente la domanda e l’offerta di idrogeno richiederanno la creazione di partnership ed ecosistemi, una maggiore collaborazione tra i player dell’idrogeno storici ed emergenti, nonché lo sviluppo di un mercato trasparente e aperto.

Mentre la produzione di idrogeno a basse emissioni di carbonio deve far fronte alle sfide legate all’approvvigionamento di energia elettrica a basse emissioni e ai costi elevati degli elettrolizzatori, le aziende del settore E&U si dimostrano ottimiste nei confronti dell’idrogeno a basse emissioni: quasi la metà (49%) stima infatti che il suo costo diminuirà progressivamente entro il 2040.

Inoltre, la maggior parte delle organizzazioni è ancora nella fase di proof-of-concept o pilota per quanto riguarda l’idrogeno. Solo l’11% delle organizzazioni del comparto E&U e il 7% di quelle che si rivolgono direttamente agli utenti finali presentano progetti di idrogeno a basse emissioni di carbonio pienamente integrati nel loro mercato. Per far sì che la vendita e la diffusione dell’idrogeno a basse emissioni venga portata su larga scala, oltre ai costi e alle sfide energetiche è necessario affrontare anche tematiche di tipo ingegneristico e infrastrutturale.

Il report ha inoltre evidenziato che le organizzazioni di diversi settori si trovano ad affrontare problemi di carattere settoriale. Ad esempio, il 65% delle organizzazioni che operano nel campo del trasporto pesante indica l’aumento della produzione di celle a combustibile a idrogeno come la principale sfida a livello infrastrutturale e ingegneristico. Nel settore dell’aviazione, il 58% degli intervistati ritiene che sia necessario apportare modifiche alla progettazione degli aeromobili per poter utilizzare l’idrogeno a basse emissioni come combustibile. Al contempo, il 72% degli intervistati appartenenti all’industria siderurgica sostiene che  la produzione di acciaio a idrogeno su larga scala richiederà un significativo upgrade dell’infrastruttura.

Secondo il 60% delle organizzazioni, oltre ai costi, alle infrastrutture e alle problematiche ingegneristiche, anche la mancanza di competenze e di esperienza costituisce una delle principali sfide alla scalabilità delle tecnologie a idrogeno. La carenza di competenze è evidente soprattutto per le organizzazioni che si rivolgono agli utenti finali in Spagna (70%) e per le aziende del comparto E&U in Giappone (65%), Francia e Australia (63% ciascuna).

Per consultare una copia completa del report, cliccare qui.

Metodologia

Per comprendere come le organizzazioni del settore E&U (Energy and Utilities) possano sfruttare il potenziale dell’idrogeno a basse emissioni, il Capgemini Research Institute ha condotto un’indagine globale in 13 paesi. All’indagine hanno partecipato 500 dirigenti di aziende del settore E&U con fatturato annuo superiore a 500 milioni di dollari, e 360 dirigenti di aziende di settori che si rivolgono direttamente agli utenti finali con fatturato annuo superiore a 1 miliardo di dollari, tra cui trasporto pesante, aviazione, trasporto marittimo, acciaio, prodotti chimici e raffinazione[3]. Le persone intervistate si occupano della pianificazione e dello sviluppo di iniziative legate all’idrogeno a basse emissioni di carbonio e operano in aree come strategia, sviluppo di prodotti e servizi, innovazione e ingegneria, operazioni (catena di fornitura, approvvigionamento, trasporto, produzione, ecc.), business unit che si occupano specificamente di idrogeno, energie rinnovabili, nuove energie, decarbonizzazione, ambiente, sostenibilità, transizione energetica, uso finale (idrogeno utilizzato per celle e motori a combustibile), ecc. Per integrare gli approfondimenti quantitativi, il Capgemini Research Institute ha anche condotto oltre 21 interviste approfondite con organizzazioni dal lato della domanda e dell’offerta, startup, organizzazioni di venture capital, esponenti del mondo accademico, ricercatori e autorità di regolamentazione.


[1] Affinché la produzione di idrogeno sia considerata a basse emissioni, è necessario che rientri nella soglia di emissioni proposta dall’UE di 3,38 kg di CO2 equivalente per kg di idrogeno, ovvero il 70% in meno rispetto a quella del comparatore predefinito di combustibili fossili, includendo il trasporto e le altre emissioni non legate alla produzione. Negli Stati Uniti, il valore corrispondente di intensità di carbonio per beneficiare dei crediti d’imposta sulla produzione di idrogeno ai sensi dell’IRA è pari a 4,0 kg CO2e/kgH2. Anche se l’idrogeno a basse emissioni di carbonio può includere anche la pirolisi della biomassa, questa ricerca si è concentrata primariamente sull’idrogeno prodotto con l’elettrolisi e alimentato da energie rinnovabili o nucleari, con emissioni di carbonio assenti o trascurabili (rispettivamente chiamato anche “idrogeno verde” e “idrogeno rosa”).

[2] Settori che si rivolgono agli utenti finali come il trasporto pesante, l’aviazione, il trasporto marittimo, l’acciaio, i prodotti chimici e la raffinazione.

[3] Nota: i settori che si rivolgono agli utenti finali sono stati scelti per l’indagine in base al potenziale utilizzo dell’idrogeno.