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Il settore automotive riuscirà a raggiungere gli obiettivi di sostenibilità prefissati?

27 ott 2022

Un nuovo report di Capgemini rileva che:

  • L’attuale livello di maturità delle iniziative in tutto il settore non è sufficiente a ridurre le emissioni in maniera significativa e raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi.
  • Gli investimenti[1] in iniziative sostenibili sono in calo – da una media dell’1,22% dei ricavi annuali del 2019 allo 0,85% nel 2022 – e si stima che entro il 2026 il livello rimarrà sempre intorno allo 0,86%.
  • I supplier stanno investendo una quota maggiore dei ricavi (0,93%) in iniziative annuali di sostenibilità rispetto alle controparti OEM (0,79%).
  • Un piccolo gruppo di organizzazioni con alti livelli di implementazione delle principali iniziative di sostenibilità ha già ottenuto un miglioramento medio del 9% delle proprie emissioni a partire dal 2018, rispetto al 5% dell’intero settore.

Milano, 27 ottobre 2022 – I livelli di attuazione delle principali iniziative di sostenibilità[2] sono cresciuti solo marginalmente, e in alcune aree sono addirittura diminuiti rispetto al 2019. È quanto emerge dall’ultimo report del Capgemini Research Institute, dal titolo “Sustainability in Automotive: From Ambition to Action. Le sfide recenti, come la scarsità di chip e i colli di bottiglia della catena di approvvigionamento, hanno costretto le organizzazioni del settore automotive a ridefinire le proprie priorità.

Secondo la ricerca, alcune direttive come il Green Deal europeo e l’Accordo di Parigi incoraggiano l’industria automobilistica ad adottare soluzioni più sostenibili per raggiungere i target di riduzione delle emissioni. La stragrande maggioranza (70%) del settore automotive si sta dedicando alla riduzione delle emissioni complessive lungo tutta la catena del valore, comprese le emissioni Scope 1, 2 e 3,[3] dalla fornitura ai processi end-of-life. Due terzi (64%) delle organizzazioni del settore prevedono di ridurre le emissioni di anidride carbonica entro il 2040 e il 57% si spinge oltre la conformità ai fattori ESG al fine di rendere la sostenibilità uno dei principali driver aziendali. Tuttavia, dal 2018, l’industria automobilistica ha ridotto le emissioni complessive di gas serra (GHG) solo del 5%, con un’ulteriore riduzione del 19% prevista entro il 2030. Di questo passo, le aziende del comparto automotive non appaiono ben posizionate per raggiungere il target generale di emissioni nette zero entro il 2050 previsto dall’Accordo di Parigi.

Il report rileva che solo un piccolo gruppo di organizzazioni (meno del 10%) si sta impegnando per rendere il settore automobilistico davvero sostenibile, affermando di voler ridurre le emissioni di gas serra del 35% entro il 2030 (rispetto a una riduzione media prevista del 19% per l’intero settore). Al contempo, si stima che la loro efficienza operativa migliorerà del 22% entro il 2026 come conseguenza diretta delle iniziative di sostenibilità, che aumentano la trasparenza lungo tutta la catena del valore (rispetto al 16% per il resto delle organizzazioni nello stesso periodo). Inoltre, grazie alle recenti iniziative di sostenibilità, queste aziende risultano più interessanti per i nuovi talenti (18% rispetto al 10%).

L’implementazione delle iniziative è cresciuta solo in alcune aree strategiche

Le organizzazioni del settore automotive si focalizzano sulla riduzione delle emissioni e danno priorità alle iniziative sulle quali hanno un controllo e un’influenza diretti, come ad esempio la produzione e la decarbonizzazione del parco veicoli. Il report rileva che l’implementazione di iniziative sostenibili nella catena di fornitura è salita al 57% nel 2022 rispetto al 42% del 2019, e l’approvvigionamento di metalli in modo responsabile è passato dal 33% al 44% nello stesso periodo.

Tuttavia, dal report risulta un calo nell’implementazione di iniziative di economia circolare. Sebbene il 73% delle organizzazioni sia concorde nel ritenere che il contributo all’economia circolare rappresenti un imperativo per raggiungere i propri obiettivi finanziari e di competitività a lungo periodo, solo il 53% dispone di una strategia in questo senso e attualmente meno della metà (45%) ne rispetta i principi[4] lungo tutta la catena del valore.

Il passaggio ai veicoli elettrici è complesso e costituisce solamente una parte della soluzione

La necessità di ridurre le emissioni di gas serra ha ulteriormente incentivato le organizzazioni del settore automobilistico a focalizzarsi sui veicoli elettrici (EV). Al fine di ottenere un impatto significativo lungo tutto il ciclo di vita di un veicolo elettrico, è indispensabile che gli OEM (Original Equipment Manufacturer) garantiscano la circolarità della produzione e considerino il processo di fine vita delle batterie dei veicoli elettrici lungo tutta la catena del valore. Meno della metà (41%) dei manager intervistati afferma che la propria organizzazione dispone di iniziative di sostenibilità dedicate, percentuale che scende al 28% per le batterie second life. Nonostante l’aumento delle vendite, i consumatori sono ancora restii verso i veicoli elettrici a causa dei timori relativi all’autonomia e ai costi per la ricarica, ritenendo i pezzi di ricambio e le opzioni di assistenza per i veicoli a combustione interna (ICE) più facilmente reperibili. L’adozione dei veicoli elettrici è inoltre frenata dall’aumento dei costi dell’energia e dalle complesse modalità di ricarica.

La mancanza di KPI porta a una stagnazione in termini di implementazione

Il report evidenzia che la scarsa integrazione dei KPI legati alla sostenibilità nelle attività quotidiane e nella gestione delle performance sta provocando una stagnazione del processo di implementazione: il 73% dei dirigenti concorda sul fatto che l’adozione di misure di sostenibilità nelle attività e nei processi quotidiani sia cresciuta solo marginalmente o sia rimasta invariata negli ultimi 2-3 anni. Soltanto il 10% delle organizzazioni ha provveduto ad allineare gli obiettivi di performance con i principali target di sostenibilità per i dipendenti di livello non manageriale e anche la difficoltà di raccolta, gestione e analisi dei dati sulla sostenibilità costituisce una delle sfide più impegnative, tanto che solo il 12% dei dirigenti dichiara che la propria organizzazione abbia implementato su larga scala una piattaforma per misurare, monitorare e rendicontare le iniziative di sostenibilità.

Il report rileva che, in ogni caso, la responsabilità all’interno dell’organizzazione è fondamentale per definire gli obiettivi e condividere i progressi delle iniziative di sostenibilità. Dal momento che gli stakeholder puntano i riflettori sulla conformità ai temi ESG, è necessario raccogliere i dati dell’intera catena di fornitura per offrire trasparenza e stabilire una base di partenza per la definizione dei KPI dell’azienda.

Incorporare la sostenibilità nel business model

Con l’inasprimento delle normative e l’aumento delle aspettative da parte dei consumatori e della società in generale, le organizzazioni del settore automobilistico devono considerare in modo realistico i livelli di investimento attuali e futuri. Il settore automotive sta per intraprendere un decennio decisivo, con il passaggio dai veicoli ICE ai veicoli elettrici: nonostante le aziende leader siano ben posizionate per questo cambiamento, è necessario adottare un approccio più olistico che comprenda i nuovi processi, le persone e il pianeta.

“L’industria automobilistica si appresta a entrare in un decennio decisivo, definito in gran parte dalla sua capacità di passare completamente all’elettrico. Tuttavia, sebbene la sostenibilità sia considerata una priorità assoluta, il settore nel suo complesso è in grave ritardo: le organizzazioni devono riflettere concretamente sul loro approccio per raggiungere gli obiettivi fissati nell’Accordo di Parigi per il 2050. Questo comporta un impegno notevole e rinnovato verso l’economia circolare che abbracci l’intero ciclo di vita del veicolo, così come la considerazione delle emissioni Scope 3”, ha dichiarato Eraldo Federici, Manufacturing, Automotive, Life Sciences, Aerospace & Defence Director di Capgemini in Italia. “La responsabilità è fondamentale per definire obiettivi e KPI a tutti i livelli dell’organizzazione e per fare progressi nella giusta direzione”.

Per ulteriori informazioni e per scaricare una copia del report, visitare questo link.

Metodologia di ricerca

Il Capgemini Research Institute ha intervistato 1.080 dirigenti di grandi organizzazioni, tra cui OEM del settore automobilistico con un fatturato annuo superiore a 1 miliardo di dollari, supplier del settore automobilistico e produttori di veicoli elettrici pure-play, in 9 paesi, nel periodo compreso tra luglio e agosto 2022. Le aree di competenza dei dirigenti riguardavano strategia aziendale e di prodotto, pianificazione, finanza, catena di approvvigionamento, sostenibilità, post-vendita, servizi di mobilità, vendite e marketing, fabbricazione e produzione, operation, IT, ingegneria, R&D e design. Hanno risposto soggetti con un ruolo di Director o superiore, responsabili della strategia di sostenibilità delle aziende automobilistiche, delle iniziative, della governance, degli investimenti e di tutti i benefici e i vantaggi che ne derivano. Sono state inoltre condotte 20 interviste approfondite con dirigenti ed esperti del settore.

[1] Per gli investimenti in iniziative di sostenibilità si intendono gli investimenti in tecnologie, processi e competenze per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità dell’organizzazione, esclusi i grandi investimenti Capex che le aziende automobilistiche effettuano, tra l’altro, nella ricerca e produzione di veicoli elettrici.

[2] La sostenibilità nell’industria automobilistica coinvolge una visione globale delle attività, dei processi, dei prodotti e dei servizi che rispettano il pianeta e l’umanità. Ciò comprende una serie di elementi che vanno da “R&D e sviluppo di prodotti sostenibili” a “IT sostenibile” e che abbracciano la catena del valore dell’industria automotive, dalla R&D ai servizi di mobilità. All’interno dei tre fattori ESG, per questa ricerca il Capgemini Research Institute si è concentrato sull’aspetto della sostenibilità ambientale.

[3] Le emissioni di gas a effetto serra Scope 1 sono emissioni dirette rilasciate nell’atmosfera da fonti dirette o controllate. Le emissioni Scope 3 sono emissioni indirette di gas a serra diverse da quelle Scope 2, che vengono generate nell’economia in generale. Sono il risultato delle attività di una società, ma non provenienti da fonti controllate o di proprietà della società stessa. Alcuni esempi sono l’estrazione e la produzione di materiali acquistati, il trasporto di combustibili acquistati, l’uso di prodotti e servizi venduti. Lo Scope 3 comprende anche le emissioni associate allo smaltimento dei rifiuti solidi e al trattamento delle acque reflue. Alcune emissioni Scope 3 possono derivare anche dalle perdite di trasporto e distribuzione (T&D) associate all’elettricità acquistata.

[4] L’economia circolare è un concetto rigenerativo che punta a separare gradualmente la crescita dal consumo di risorse limitate, distanziandosi dal modello lineare del “take-make-waste”. I modelli circolari aiutano a fare “un uso ottimale delle risorse, evitando sprechi durante il ciclo di vita di un prodotto, utilizzandolo il più a lungo possibile e rigenerandone le materie prime, riportandole al loro stato iniziale”. Fonte: https://ec.europa.eu/eurostat/web/circular-economy