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La percentuale di dirigenti che riconosce l’importanza della sostenibilità è triplicata nell’ultimo anno

27 nov 2023

La migliore comprensione del ROI non si è ancora tradotta in un aumento degli investimenti, anche se negli ultimi 12 mesi si sono registrati progressi significativi nei percorsi di sostenibilità e nel cambiamento dei modelli di business

Milano, 27 novembre 2023 – In un contesto di temperature record e di disastri climatici sempre più frequenti[1], è triplicata in tutti i settori la percentuale dei dirigenti che riconosce l’importanza della sostenibilità rispetto all’anno scorso. Un numero crescente riconosce inoltre i vantaggi derivanti dall’adozione di pratiche e processi aziendali sostenibili, secondo quanto emerge dal nuovo report realizzato dal Capgemini Research Institute, “A World in Balance”. Tuttavia, se i livelli di investimento rimarranno invariati, l’impatto concreto che si potrà ottenere sarà limitato.

Catastrofi climatiche e pressioni normative sono il driver principale verso la sostenibilità

Alla sua seconda edizione, il report ha rilevato che il 63% dei dirigenti concorda sul fatto che il business case per la sostenibilità sia chiaro, una percentuale triplicata rispetto all’estate del 2022, quando solo il 21% dei dirigenti era d’accordo. Inoltre, la percentuale di dirigenti che sostiene che i costi delle iniziative di sostenibilità superino i benefici è scesa dal 53% al 24% e quelli che ritengono che le iniziative di sostenibilità rappresentino un onere finanziario sono diminuiti di oltre la metà (dal 53% al 22%).

L’aumento degli eventi meteorologici estremi in ogni continente e dei costi a essi associati sta certamente giocando un ruolo significativo in questo cambiamento di percezione. Il report ha anche rilevato che la pressione normativa e il ROI atteso sono tra i fattori chiave alla base dell’adozione di strategie e iniziative di sostenibilità ambientale e/o sociale: tre quarti (74%) dei dirigenti sperano infatti di aumentare i ricavi futuri (rispetto al 52% nel 2022) mentre il 64% cita la conformità alle normative vigenti (rispetto al 51% nel 2022).

Nel 2023 le aziende si sono concentrate su aspetti importanti, ma sono ancora in ritardo su aree critiche come investimenti e reporting

Rispetto allo scorso anno, le organizzazioni hanno fatto progressi significativi nella definizione delle loro roadmap di sostenibilità: il 61% dei dirigenti sostiene infatti che la propria azienda abbia stilato un elenco prioritario di iniziative di sostenibilità da attuare nei prossimi tre anni (in aumento rispetto al 49% del 2022), mentre il 57% che la propria organizzazione stia ridefinendo il modello operativo per renderlo più sostenibile (in aumento rispetto al 37% del 2022).

Nonostante questo cambiamento positivo, senza un aumento degli investimenti destinati alle azioni di mitigazione del cambiamento climatico si prevede un impatto limitato. Nel 2023, l’investimento medio annuo in iniziative e pratiche di sostenibilità ambientale nei vari settori è infatti cresciuto solo dello 0,01% rispetto allo scorso anno. Le organizzazioni continuano a registrare lacune anche in termini di rendicontazione, soprattutto per quanto riguarda la misurazione e la raccolta delle emissioni Scope 3: la percentuale di dirigenti che afferma che la sua organizzazione è in grado di misurare e raccogliere dati sulle emissioni Scope 1 e 2 è infatti rimasta invariata rispetto allo scorso anno, mentre è addirittura diminuita dal 60% al 51% per quanto riguarda le emissioni Scope 3. Allo stesso modo, gli interventi relativi alla progettazione sostenibile dei prodotti non hanno registrato cambiamenti significativi. Un numero maggiore di dirigenti si avvale inoltre di terze parti per verificare i dati di sostenibilità (54%, in aumento di 4 punti rispetto allo scorso anno) ma, paradossalmente, sono meno quelli che lo fanno per divulgare e valutare i propri progressi.

“L’estate e l’autunno del 2023 hanno destato grande preoccupazione per le temperature record registrate in tutti i continenti e per gli eventi meteorologici estremi che hanno provocato danni senza precedenti. Non si possono più ignorare le conseguenze del cambiamento climatico, così come il costo futuro del mancato intervento”, afferma Monia Ferrari, Amministratore Delegato di Capgemini in Italia. “Ciò di cui abbiamo bisogno nei prossimi mesi è che le aziende investano in misure di sostenibilità proiettate sul futuro e che orientino i loro modelli di business alla creazione di prodotti e servizi sostenibili. Questa urgenza è un imperativo per le organizzazioni: solo quelle che avranno investito con sufficiente anticipo e avranno messo la sostenibilità al centro della propria strategia saranno in grado di ottenere dei benefici.”

La sostenibilità sociale si fa spazio nell’agenda delle aziende

Più della metà dei dirigenti (56%) afferma che la propria organizzazione si sta occupando sempre più della dimensione sociale all’interno della strategia ESG (ambientale, sociale e di governance), e che i dipendenti dell’organizzazione stessa ne sono i principali beneficiari. Tuttavia, la ricerca ha evidenziato che le aziende potrebbero fare di più per sostenere i lavoratori della catena di fornitura: quasi due terzi (64%) dei dirigenti affermano infatti che la loro organizzazione tiene conto delle valutazioni ESG e degli impegni ambientali assunti dai fornitori in fase di selezione degli stessi, ma solo il 38% dichiara di lavorare solo con fornitori che pagano un salario minimo.

Un divario di percezione sul greenwashing

Il report ha anche rilevato un divario di percezione tra dirigenti e consumatori quando si parla di greenwashing: solo il 17% dei dirigenti ha dichiarato di ritenere che i consumatori siano preoccupati dal rischio di greenwashing, mentre il 33% dei consumatori a livello globale ritiene che le organizzazioni e i brand stiano facendo greenwashing con le loro iniziative di sostenibilità. I consumatori indiani (45%) e canadesi (43%) sono i più diffidenti nei confronti delle dichiarazioni di sostenibilità, mentre quelli britannici si collocano all’opposto (16%). Allo stesso modo, la Generazione Z è molto più diffidente nei confronti di tali affermazioni (50%) rispetto ai boomer (18%). In generale, il 49% dei consumatori non si fida mai, raramente o solo a volte di un’affermazione ambientalista in relazione a un acquisto che sta valutando, con uno scetticismo che sale fino al 65% tra i consumatori della Generazione Z.

Secondo le previsioni, l’AI generativa sarà un elemento centrale per le strategie di sostenibilità

Le organizzazioni stanno riponendo le loro speranze nella tecnologia digitale, e in particolare nell’AI generativa, per raggiungere i loro obiettivi di sostenibilità, con oltre la metà (59%) dei dirigenti che ritiene che tale tecnologia giocherà un ruolo chiave negli sforzi di trasformazione della propria azienda. Allo stesso tempo, una percentuale simile di dirigenti (57%) afferma che la propria organizzazione ha iniziato ad adottare misure per mitigare l’impatto ambientale legato all’utilizzo di modelli di AI generativa.

Metodologia di ricerca

Per realizzare questa ricerca, il Capgemini Research Institute ha condotto un’indagine su 2.151 dirigenti, impiegati in 718 organizzazioni con un fatturato annuo superiore a 1 miliardo di dollari in 13 paesi di Nord America, Europa e Asia-Pacifico (Australia, Canada, Francia, Germania, India, Italia, Giappone, Paesi Bassi, Norvegia, Spagna, Svezia, Regno Unito e Stati Uniti) e in 11 settori industriali, nei mesi di agosto e settembre 2023. I dirigenti intervistati avevano un livello di dirigente o superiore e il 50% proveniva da funzioni aziendali come strategia, sostenibilità, vendite e marketing, mentre il 50% da funzioni della catena del valore, come progettazione di prodotti, R&D, acquisti e logistica. Il Capgemini Research Institute ha inoltre condotto un’indagine globale su 6.500 consumatori di età superiore ai 18 anni in tutti i 13 paesi. Per consultare il report, cliccare qui: https://www.capgemini.com/insights/research-library/sustainability-trends-2023


[1] Uno studio recente ha stimato che dal 2000 al 2019 gli eventi meteorologici come uragani, alluvioni e ondate di caldo sono costati 2,86 trilioni di dollari a livello globale, con una media di 143 miliardi di dollari l’anno, e che il costo globale dei danni climatici sarà compreso tra 1,7 e 3,1 trilioni di dollari l’anno entro il 2050 (Nature Communications, “The global costs of extreme weather that are attributable to climate change”, 29 settembre 2023).