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Applied + Exchange: la strategia di innovazione di Capgemini

Capgemini
2020-05-13

Negli ultimi due secoli l’innovazione è stata fortemente influenzata dalle evoluzioni tecnologiche e infrastrutturali di un ecosistema in fermento, diventando un elemento esplicito di differenziazione per le imprese di maggior successo.

L’innovazione segue processi o metodi impliciti ed espliciti, pensiamo al metodo di “innovazione” della natura stessa, casuale, selettivo, basato su test ambientali. Nell’immaginario collettivo essa è stata però sempre legata alla genialità. Consapevoli dell’importanza di restare al passo, molte società hanno iniziato ad adottare tecniche per rendere l’innovazione scalabile e sostenibile. Molte hanno stabilito strutture interne per facilitare l’innovazione.

“Fail fast, fail often”, il motto che si è diffuso in tutti i paesi industrializzati come mantra dell’innovazione, ha liberato nuovi metodi di innovazione, ma quello che le aziende vogliono davvero è riuscire a cogliere le opportunità che permettano al loro business di rimanere sostenibile e rilevante nel tempo.

L’innovazione deve essere scalabile ed efficace e la nostra strategia è quella di renderla Applied ed Exchange.

Capgemini ha definito la propria piattaforma di innovazione Applied Innovation Exchange. Una rete globale di team che forniscono servizi di innovazione ai nostri clienti in spazi fisici dedicati all’innovazione e in spazi digitali aperti e facilitati.

Perché rendiamo l’innovazione “Applied”

L’innovazione deve essere applicata velocemente: il ciclo di vita di un’idea di innovazione va supportato dalla sua nascita fino alla sua realizzazione in scala, con una portata tale da fare davvero la differenza. Per riuscirci è necessario mettere al lavoro competenze diverse che contribuiscano alle varie fasi di raffinamento dell’idea, da progettazione, prototipazione e test fino alla realizzazione delle prime versioni utili della soluzione e delle sue successive integrazioni ed evoluzioni. L’obiettivo è realizzarla rapidamente per portare risultati tangibili, con un valore crescente per il business e per tutte le persone che ne traggono beneficio.

L’innovazione digitale ha caratteristiche ulteriori rispetto ad altri tipi di innovazione. Essa si basa su “Coupling” e “Decoupling”, come osserva il Professor Floridi dell’Università di Oxford: l’innovazione digitale è composizione e decomposizione. Rendere l’innovazione Applied vuol dire integrare elementi eterogenei di innovazione con servizi più tradizionali per adattarla al contesto, anticipando i fenomeni più naturali di selezione dell’innovazione.

Nel termine innovazione applicata c’è quindi un altro fattore di cui è importante essere consapevoli: per fare innovazione non è necessario essere degli innovatori. O meglio, non è necessario essere una delle top Tech Companies che hanno scalato le vette di valorizzazione nel mercato mondiale sostituendo le consolidate realtà che solo fino a pochi anni fa erano i riconosciuti colossi dell’industria.

Le Tech Companies possono permettersi, insieme a poche altre realtà industriali, investimenti di grande portata in ricerca e sviluppo per diventare esse stesse portatrici di innovazione tecnologica:

Per tutte le realtà che non possono permettersi un simile livello di investimenti diventa quindi di vitale importanza essere “architetti” dell’innovazione: saper comporre e integrare le innovazioni già esistenti o emergenti in soluzioni dal nuovo significato.

Per questo motivo la nostra strategia è quella di rendere l’innovazione Applied, di integrare le innovazioni e le tecnologie mature, di gestire il coupling e il decoupling delle tecnologie digitali, di seguire l’innovazione dall’idea al suo deployment in produzione. Capgemini si propone come integratore di innovazione, supportando i propri clienti a comporne i “mattoncini” con un chiaro senso di “purpose” e a diventare essi stessi professionisti in quest’ambito.

L’Exchange dell’innovazione tra la dimensione locale e globale

La complessità, l’ampiezza e la rapidità di cambiamento del panorama dell’innovazione tecnologica e di business portano a un’ulteriore necessità: quella di interscambio e collaborazione con un ecosistema in continua espansione. Ecco che il concetto di “open innovation”, controintuitivo rispetto alla mentalità a silos dei laboratori di ricerca aziendale più tradizionali, diventa di importanza essenziale per cogliere in maniera tempestiva le opportunità.

L’innovazione aperta consente di attingere agli elementi che nutrono il ciclo dell’innovazione, dall’ispirazione sulle potenzialità di business offerte da un insieme di innovazioni tecnologiche alla combinazione dei “mattoncini” pronti all’uso per essere ricomposti rapidamente in soluzioni market-ready.

Per giocare al meglio il ruolo di integratore di innovazione Capgemini ha fatto crescere l’Applied Innovation Exchange (AIE). Struttura dedicata, aperta, interconnessa e con una presenza globale, l’AIE monitora e coinvolge le startup locali, mettendone a fattor comune su scala globale idee e capabilities. Insieme alle startup locali e globali, ai partner tecnologici, alle università partner, al Capgemini Research Institute e a tutte le competenze interne, incluse quelle di Design e Digital Marketing rappresentate in Italia da DOING, l’AIE di Capgemini crea l’ecosistema aperto dove avviene l’Exchange dell’innovazione e dove i servizi innovativi vengono sviluppati e integrati.

L’AIE è la piattaforma dove incontrarsi per esplorare nuove opportunità di business e sviluppare nuovi servizi digitali, con la possibilità di connettersi alle diverse realtà di innovazione e alle diverse competenze che possono portare un valore secondo il contesto di innovazione indirizzato.

In sintesi

Saper fare innovazione vuol dire saper integrare e connettere desideri, tecnologie, talenti e risorse in tutte le fasi del ciclo di vita dell’innovazione stessa. Innovare, secondo Capgemini, significa trasformare le opportunità tecnologiche in nuovi servizi e modelli di business, attraverso un processo che vede l’essere umano con i suoi sogni/bisogni al centro e il suo ecosistema intorno.

La redazione dell’articolo è stata curata da Massimo Ippoliti e Cristina Juliani.