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L’integrazione con un moderno cloud ibrido è la chiave per sbloccare il valore di business della digital transformation

24 set 2018

L’uso di API[1] e l’integrazione con il cloud ibrido può portare a una crescita dei ricavi e creare nuovi flussi di entrate

Milano, 24 settembre 2018 – Le aziende stanno intraprendendo un percorso di digital transformation per migliorare la propria velocità, agilità e capacità di innovazione. La realizzazione delle straordinarie opportunità offerte dalla trasformazione digitale si basa sulla capacità di un’organizzazione di avere accesso più velocemente a un maggior numero di dati. Il nuovo report pubblicato oggi da Capgemini, dal titolo “Unlocking the hybrid integration dividend: How to transform your business with hybrid integration and APIs” evidenzia come una moderna integrazione ibrida e l’utilizzo di Application Programming Interfaces (API) basate su microservizi sono strumenti necessari per abilitare la digital transformation e massimizzare le competenze di un’azienda, al fine di trarre beneficio dall’API economy.

Chiari vantaggi di business per gli “Integrator”[2] rispetto ai “Deliberator”[3]

Dal report, condotto a livello globale su 818 dirigenti senior del settore IT che lavorano in grandi aziende con ricavi superiori a 500 milioni di euro, emerge che una solida strategia di integrazione ibrida basata su API è un fattore che contribuisce alla crescita del business. Secondo il report, negli ultimi tre anni, il 49% degli Integrator ha registrato una crescita del fatturato pari o superiore al 5%, rispetto al 23% dei Deliberator. Inoltre, il 41% degli Integrator ha più che ridotto del 50% e oltre il tempo necessario per aggiornare i prodotti esistenti (rispetto al 33% dei Deliberator), e quasi la metà del gruppo degli Integrator (46%) mira a entrare a far parte dell’API economy per creare nuovi flussi di entrate (rispetto al 25% dei Deliberator).

Le API, grazie a solide fondamenta architetturali fornite da tool di integrazione basati sul cloud, possono andare oltre alla semplice funzione di strumenti per avere accesso ai dati. Dai risultati del sondaggio emerge che gli Integrator sono molto più ottimisti in merito alle proprie capacità di innovare, con il 68% che afferma di essere in grado di sviluppare rapidamente nuovi prodotti e portarli velocemente sul mercato (rispetto al 25% dei Deliberator) con una maggiore scalabilità, affidabilità e personalizzazione. Inoltre, le API possono aiutare a migliorare la customer experience.

T-Mobile, operatore di telecomunicazioni americano cliente di Capgemini, gestisce oltre 300 API negli Stati Uniti. L’azienda, che ha una lunga tradizione negli Stati Uniti, ha dato vita a un percorso di trasformazione di successo attraverso l’implementazione di microservizi.

Chuck Knostman, Vice President for Strategy and Technology di T-Mobile, ha affermato: “Ora i dirigenti di livello C ci chiedono sempre: ‘Abbiamo API per questo servizio?’. Quando una conversazione di questo tipo si svolge a un così alto livello, la considero un vero sintomo di trasformazione“.

La complessità delle infrastrutture IT ibride rimane il maggiore ostacolo all’integrazione ibrida

La complessità delle infrastrutture IT ibride rimane il maggiore ostacolo all’integrazione ibrida
Un approccio di integrazione ibrida prevede l’uso di strumenti moderni e integrati basati sul cloud, da affiancare a quelli on-premise, come ad esempio Enterprise Service Bus (ESB)[4], al fine di collegare applicazioni in ambienti diversi. Il report ha rilevato che il 66% delle aziende intervistate utilizza tre o più fornitori di servizi cloud, e oltre i tre quarti delle loro applicazioni vengono eseguite su cloud privato o on-premise (o entrambi). Il tradizionale approccio di integrazione point-to-point utilizzato nei sistemi monolitici non sarà in grado di gestire le centinaia di applicazioni di un’azienda che risiederanno in ambienti diversi.

L’integrazione ibrida è un mezzo per gestire questa complessità e garantire che l’infrastruttura tecnologica dell’azienda possa raggiungere gli obiettivi di business. Tuttavia, gli intervistati concordano sul fatto che sia necessario un atteggiamento cauto all’approccio “frammentario” all’integrazione. Inoltre, i partecipanti al sondaggio ritengono che le aziende non dovrebbero cercare di smantellare e sostituire rapidamente e totalmente la propria architettura legacy per l’integrazione. Infatti, il report conclude che è necessario adottare le misure giuste al momento giusto e contrastare l’inerzia, per cogliere efficacemente le opportunità offerte dall’integrazione ibrida.

Costruire le giuste competenze per l’integrazione ibrida

Il primo passo per modernizzare le capacità di integrazione di un’azienda è quello di identificare i requisiti in base agli obiettivi di business e alla roadmap tecnologica. Sei intervistati su dieci dichiarano che la loro azienda ha identificato i requisiti di integrazione esistenti e futuri necessari per supportare gli obiettivi di business. Il passo successivo è lo sviluppo di una strategia in linea con gli obiettivi dell’azienda, volta a eliminare gradualmente gli strumenti di integrazione più obsoleti per poi sostituirli con strumenti basati sul cloud. Fare le scelte giuste in base ai criteri di selezione che supportano gli obiettivi di business può garantire un TCO (Total Cost of Ownership) ottimizzato e un maggiore ROI.

“Standardizzare le integrazioni all’interno dell’impresa è un imperativo, specie per le aziende dotate di più unità e siti che hanno seguito percorsi di sviluppo diversi, utilizzando svariate tecnologie. Tuttavia questo richiede un grande sforzo di pianificazione che precede l’inizio di qualsiasi tipo di cambiamento”, ha dichiarato Marco Segato, Cloud Practice Director, Capgemini Business Unit Italy. “Le API sono controllate, standardizzate e sicure. Questo permette alle aziende di collaborare in un modo molto più ampio di quando abbiano fatto in precedenza”.

Metodologia di ricerca

Il report si basa sull’analisi di un sondaggio online condotto su 818 dirigenti del settore IT tra marzo e maggio 2018. Due terzi degli intervistati (66%) sono dirigenti, mentre un quinto (20%) ricopre il ruolo di senior IT architect e la restante parte è occupata da top executive (compresi CIO e CTO). Gli intervistati lavorano in 10 settori diversi, la maggioranza dei quali (63%) è distribuita quasi uniformemente tra settore bancario, beni di consumo, retail, produzione, utility, high-tech, telecomunicazioni e comunicazioni. Provengono da 16 paesi in Europa (40% del campione), Nord America (40%) e Asia-Pacifico (20%). Tutte le aziende interpellate hanno un fatturato superiore a 500 milioni di euro, con l’80% che invece ha un fatturato pari o superiore a 2 miliardi di euro.

[1] Le API sono un insieme di funzioni e procedure che permettono la creazione di applicazioni che accedono alle funzioni o ai dati di un sistema operativo, applicazione o altro servizio.

[2] “Il termine “Integrator” si riferisce a un gruppo di partecipanti al sondaggio più avanzato in termini di modernizzazione dell’integrazione e rappresentano il 15% delle imprese intervistate che soddisfano i criteri di sviluppo di una strategia di hybrid integration. Inoltre l’integrazione basata sul cloud e/o i microservizi sono dei tasselli “molto importanti” nel loro approccio all’integrazione.

[3] Il termine “Deliberator” si riferisce al gruppo di aziende che ha preso parte al sondaggio che non soddisfano i criteri di sviluppo di una strategia di hybrid integration e rappresentano il 16% del campione complessivo del report.

[4] Un “Enterprise Service Bus (ESB)” implementa un sistema di comunicazione tra applicazioni software che interagiscono tra loro in un’architettura orientata ai servizi (service-oriented architecture, SOA).